1° aprile 2011 – E’ interamente dedicato ai canali di Amsterdam il nuovo museo cittadino inaugurato oggi in un elegante edificio lungo il canale Herengracht al n° 386.
Il Canal House Museum racconta la storia del famoso anello di canali, il cui progetto è nato quando questi sono entrati a far parte, dal 1° agosto 2010, del Patrimonio dell’Unesco.
Corredata da audio, video e animazioni facilmente comprensibili anche per gli stranieri, l’esposizione permanente ne mostra dettagliatamente progetti e piani di costruzione, oltre ai vari tipi di case che li costeggiano, comprese le palafitte su cui vennero inizialmente costruite.
E per rendere il tutto meno “museale”, organizza anche passeggiate e percorsi in barca alla scoperta delle attrazioni culturali e storiche della città. www.herengracht386.com
Torno sempre volentieri in Umbria. Mi piace la sua atmosfera, quel senso di pace così palpabile che si respira, quell’abbraccio verde che avvolge. E quella sua forza nel mantenere un attaccamento alle radici che non dovrebbe mai andare perso. Anche per questo è tanto ricca di tradizioni, feste e rievocazioni volte a mantenere in vita il suo storico e significativo passato.
E allora questa volta mi ci sono buttata dentro anch’io. Immergendomi nella vibrante Festa del Rinascimento, che si è appena conclusa ad Acquasparta, in quel di Terni, dopo due intense settimane di ricostruzione dei fasti d’epoca del Principe Federico Cesi. Vale a dire, colui che, appena diciottenne, fondò nel 1603 a Roma con tre amici l’Accademia dei Lincei, da cui il suo soprannome Il Linceo. Allo scopo di promuovere e coltivare gli studi naturalistici di cui era appassionato. Per illuminare il mondo attraverso la scienza con uno sguardo acuto come quello di una lince, e invitarlo a non fermarsi alle apparenze della realtà. Anche per questo è la prima accademia tra quelle allora esistenti a scrivere statuto e pubblicazioni in italiano invece che in latino, rendendosi comprensibile a più gente possibile.
L’Umbria dei Borghi più belli d’Italia
Acquasparta è una piccola e antica località, già citata nel Paradiso dantesco, e meritevolmente inclusa tra i Borghi più Belli d’Italia. Dove leggende, folklore e tradizioni, ma anche tanta storia, si inseguono tra le viuzze strette della storica via Flaminia su cui sorge, le scalinate di pietra, gli archi e i portoni degli antichi palazzi nobiliari.
Dei tre colli su cui sorgeva originariamente ne è rimasto solo uno, tutt’ora presidiato da una piccola chiesa dedicata a San Francesco. Che, tra l’altro, è anche la prima a essere stata costruita fuori dal circondario di Assisi dopo la sua morte. Al posto degli altri, invece, ora dominano, rispettivamente, la chiesa di Santa Cecilia, sopra l’antica porta d’ingresso in città. E il grandioso Palazzo Cesi, nobile dimora cinquecentesca di Federico, che vi ospitò anche l’amico Galileo Galilei, nonché prima sede dell’Accademia dei Lincei. Che conserva ancora al suo interno preziose biblioteche lignee, soffitti a cassettoni e affreschi di storie e leggende mitologiche e allegoriche.
Sfide tra le contrade e cucina d’epoca nell’Umbria delle tradizioni
Per questo, ogni anno, il borgo rivive l’arrivo in città di Federico Cesi con questa grandiosa rievocazione, organizzata dall’Ente Il Rinascimento ad Acquasparta. Che, tra cortei in costume e mercati d’epoca, sbandieratori e falconieri, acrobati e danzatori, ricostruisce i festeggiamenti allestiti per l’occasione dall’antica piccola comunità. Coinvolgendo attivamente l’attuale popolazione in appassionanti sfide fra le tre contrade cittadine – San Cristoforo, Porta Vecchia, Il Ghetto – che si contendono la conquista delle chiavi della città, tra gare gastronomiche, teatrali e dei Tamburini, Giochi delle dame e Gioco dell’Oca vivente. Oltre a interessarla con lectio magistralis, conferenze e performance teatrali. Che in questa venticinquesima edizione appena conclusa ha puntato il focus sul tema delle Rivoluzioni, dalla scoperta delle Americhe all’affermarsi della teoria copernicana, tra le più importanti innovazioni rinascimentali.
Una rievocazione che, ovviamente, non può non estendersi anche ai piaceri del palato, di cui l’Umbria, si sa, abbonda. Per questo è stato davvero divertente deliziarsi ai tavoli di legno delle antiche taberne con una golosissima alternanza di piatti d’epoca e cucina del territorio. Brindando allegramente sotto le stelle come sicuramente faceva a suo tempo l’antica comunità alla salute di Federico. Prima di lanciarsi nel cuore delle celebrazioni serali con un’entusiasmante corsa nei leggendari tempi che furono…
Da vedere nei dintorni: L’Area Archeologica di Carsulae
Si tratta di un’antica città romana di età imperiale augustea che sorgeva sulla via Flaminia, riportata alla luce da scavi relativamente recenti e ancora in corso. Si stima infatti che sia stato scoperto soltanto il 15% di quello che in realtà giace ancora sepolto nel sottosuolo. Alcuni reperti risalgono però anche all’antecedente epoca tardo-repubblicana. Una città di cui nascita e decadimento sono tuttora avvolti nel mistero, anche se molto probabilmente legati entrambi proprio al passaggio della storica strada in questa zona dell’Umbria. L’assenza di mura difensive racconta infatti il suo carattere pacifico, non militare, bensì commerciale per il traffico delle merci: c’erano soltanto, ancora visibili, i monumentali archi di entrata e di uscita. E per questo, probabilmente, decaduta di pari passo con il progressivo abbandono di questo tratto della via Flaminia. Fino a non averne più alcuna notizia a partire dal 4° secolo d.C.
Gli scavi hanno riportato alla luce le terme all’ingresso principale della città, per consentire a chi vi arrivava di ritemprarsi. E poi la basilica, il foro con i templi e le taberne per la ristorazione, una ricca domus mosaicata, il senato e l’augusteum, il teatro e l’anfiteatro. La minuscola chiesa dei Santi Cosma e Damiano, che conserva ancora l’altare romano e gli affreschi medievali, attualmente suggestiva location per matrimoni. Fino alla necropoli appena fuori dall’arco di uscita, dove troneggia ancora la tomba della più nobile famiglia cittadina. E un piccolo museo che conserva reperti e ritrovamenti della città e dei suoi dintorni. In attesa di altri tesori preziosi che aspettano soltanto di riemergere.
Chi, dopo aver cenato in un ristorante, non si è mai portato a casa un Piatto del Buon Ricordo? Chi non si è mai chiesto come è nata la colomba pasquale e come mai il panettone, pur essendo saldamente milanese, ha acquisito comunque importanza nazionale? E chi non ricorda che all’inizio il concorso di Miss Italia si chiamava 5000 lire per un sorriso? Tante domande, un solo nome come risposta: Dino Villani. Vale a dire, l’indiscusso padre della pubblicità, che ha ideato tutto questo e molto di più. Oltre che artista lui stesso. Per questo la città di Suzzara, nel mantovano, dove ha vissuto molti anni, ha scelto di omaggiarlo con il progetto Sfd – senza fissa dimora, che fino al 2 ottobre espone nelle vetrine dei negozi del centro duecento suoi dipinti acquisiti dalla Fondazione Scuola di Arti e Mestieri, per valorizzare l’ingente patrimonio uscendo dai soliti luoghi deputati all’esposizione di opere d’arte per renderle fruibili da tutti. Affiancandole a scatole trasparenti che, come sorte di teatrini, contengono fotografie e materiali inerenti alla sua attività di pubblicitario. Nello stesso periodo, precisamente sabato 17 settembre, avrà luogo anche la 49° edizione del Premio Suzzara per l’arte contemporanea, intitolata NoPlace.Space. Fu lui a crearlo insieme all’amico Cesare Zavattini nel 1948, per avvicinare l’arte al popolo attraverso l’innovativa idea del baratto: la giuria vedeva fianco a fianco galleristi, storici e critici d’arte con operai, impiegati e contadini, e i premi, messi a disposizione dalle forze produttive del territorio, consistevano in animali e prodotti alimentari, per equiparare il valore artistico a quello del lavoro agricolo e operaio.
Tutte le opere premiate sono ora conservate nel Museo Galleria del Premio Suzzara, e comprendono firme altisonanti come quelle di Renato Guttuso, Ligabue e Aligi Sassu. E in un tale trionfo della tradizione, non possono mancare piatti tipici del territorio come i caplet ad la sagra, i turtei e la sbrisolona, rivisitati dai giovani allievi del corso professionale di cucina della Scuola di Arti e Mestieri e proposti in collaborazione con lo storico ristorante Cavallino Bianco dove nacque il Premio.