Sono una delle cultrici più appassionate della classica birra alla spina, che mi piace proprio tanto. Ma l’olio alla spina ancora non l’avevo visto, né tantomeno assaggiato. Per dirla tutta, non ero neppure al corrente della sua esistenza.
E invece un eccellente pranzo valtellinese da Sciatt à porter, delizioso e accoglientissimo ristorante di cucina tipica nel cuore di Milano, me l’ha messo letteralmente sul piatto. Sarà che qui la qualità regna sovrana, grazie a un’attenta e azzeccatissima selezione di produttori locali e tipici. E dunque proprio per questo, evidentemente, sempre qui ha trovato casa anche LongEvo.
Azoto e spillatura, l’olio alla spina di LongEvo
Si tratta di un innovativo sistema eco-sostenibile di spillatura dell’olio extravergine di oliva. Il cui metodo di conservazione sotto azoto consente di mantenerne inalterate le qualità organolettiche nell’intero processo produttivo, dalla molitura all’utilizzo in cucina, fino al servizio in tavola. Assicurandone la freschezza come appena spremuto e imbottigliato, e quindi valorizzando al massimo l’aroma.
I fusti in metallo che lo contengono lo proteggono da luce, calore e ossigeno. E la spillatura evita di sprecarlo, usando solo la quantità necessaria. L’impianto è infatti composto da un mobiletto nel quale sono alloggiati il fusto d’olio e due bombole d’azoto, di cui una di scorta.
Un dispositivo nato da una felice intuizione dell’Impresa Agricola Bonsignore di Selinunte, in quel di Trapani, che produce olive e olio con metodo artigianale. E che con LongEvo propone la linea di olio Kothon Blend, proveniente da olive autoctone della Valle del Belice.
Per ora il sistema è in uso in diversi ristoranti di Piemonte e Lombardia. Ma se l’olio alla spina diventasse il trend del nuovo anno in arrivo?