Un viaggio nel cuore della Sicilia di ieri, solare e genuina, attraverso l’estate di quattro adolescenti, tra paesaggi inebriati di colori e profumi tipici sullo sfondo di distese di sale bianco raccolto in perfette forme geometriche puntute: debutta martedì 4 marzo al Teatro Delfino di Milano l’opera teatrale “La scalata della piramide di sale”, tratta dal primo e omonimo romanzo di Antonio Conticello (Scriba Editore, pagg. 168, € 15.00), nella suggestiva e innovativa formula del Teatro dei Cinque Sensi, in cui l’attore in scena, come un novello cantastorie, interpreta il racconto con un linguaggio semplice e d’impatto, che amalgama recitazione, musica, danza, canto, proiezione di foto e video, e si mescola con i sapori e i profumi sprigionati coinvolgendo anche gusto, olfatto e tatto.
Sul palco, lo stesso Conticello con Sonia Litrico usano la metafora del sale -sinonimo di sapienza e saggezza, candore e trasparenza- per trasmettere il messaggio universale che esorta a non arrendersi di fronte alle difficoltà della vita, appunto le piramidi di sale, provando e riprovando a scalarle fino alla riuscita, perché solo così si può crescere.
Il prossimo 5 aprile lo spettacolo sarà al Teatro Città della Notte di Augusta (SR), dove l’autore è cresciuto e dove ha iniziato a scalare le sue prime piramidi di sale. Con successo, visti i risultati.
Il viaggio più incredibile di tutti i tempi. In quella vita ultraterrena misteriosa e illuminante, che al tempo stesso attrae e intimorisce, respinge e ammalia, perché connotata dall’eternità più solenne. È quello stupefacente e senza tempo di Dante Alighieri. Che infatti non accenna ad arrestarsi, stagione dopo stagione, nei teatri italiani con La Divina Commedia Opera Musical. Ripartendo, infatti, oggi stesso dal Teatro La Fenice di Senigallia, per poi approdare al TAM Teatro Arcimboldi di Milano (dal 30 gennaio al 4 febbraio), al Brancaccio di Roma, all’Alfieri di Torino e al Politeama di Catanzaro.
Un kolossal ad altissimo impatto, che trasuda potenza e bellezza nei suoi scenografici quadri scenici. Fatti di coreografie acrobatiche, proiezioni immersive in 3D, musiche orchestrali, luci e costumi. Dominati da sapienti effetti tecnologici che sono elemento essenziale della narrazione, scandita dalla voce di Giancarlo Giannini e diretta da Andrea Ortis (anche interprete di Virgilio). E tra i quali scorrono le storie eterne di personaggi comunque immortali come Virgilio e Francesca da Rimini, Ulisse e Pier delle Vigne, il conte Ugolino e Pia de’ Tolomei. Accompagnando il passaggio tra dannati e beati di un Dante Alighieri raccontato nella sua più profonda umanità, come un uomo dei nostri tempi.
Un Dante umano nel suo viaggio ultraterreno
“L’intento è proprio quello di raccontare un Dante Alighieri estremamente umano, non il sommo poeta ma semplicemente l’uomo – conferma Antonello Angiolillo che ne veste i panni -. Che piange di dolore e di gioia nell’assistere a quanto passioni e debolezze, miserie e amore, vizi e virtù, paure e ossessioni dell’esistenza precedente segnino il passo con quella ultraterrena. E vacilla sul senso della vita fin quasi a perderlo, proprio come di questi tempi pare accadere sempre più spesso. Un Dante molto simile agli spettatori in sala, dunque, disposto a concedersi in tutte le sue fragilità. In un potente racconto dell’animo umano capace di toccare impetuosamente anche le mie stesse corde emotive, lasciandomi a fine spettacolo profondamente affaticato. Proprio io, abituato a non fermarmi mai perché raramente avverto il senso di stanchezza”.
“Beatrice è infatti il motore che lo spinge ad affrontare coraggiosamente una prova estremamente significativa per poterla finalmente raggiungere e vedere. Alimentando tutta la forza che lui già possiede dentro di sé, con quella fede interiore che si esprime via via durante il viaggio attraverso ogni persona che incontra e in cui si rispecchia, per poter infine ritrovare se stesso – sottolinea la sua interprete Myriam Somma -. Proprio come può accadere a chiunque nella vita, prefiggendosi uno scopo per compiere tutto il dovuto, anche se difficile, percorso. Con la consapevolezza di avere in sé tutti gli strumenti e le capacità. Ma anche Beatrice possiede un calore umano capace di renderla vera, concreta e costantemente presente, e non soltanto adrenalina per il viaggio di Dante”.
Un viaggio sublime che segue il Sommo Poeta nell’umana e tormentata ricerca di se stesso. Attraversando la dannazione eterna all’inferno, l’espiazione in Purgatorio e la luce del Paradiso dove lo attende Beatrice, il solo pensiero a cui si aggrappa nei momenti di grande sconforto. E che riempie di vita le potenti suggestioni della fantasia dantesca, quella sì eternamente immortale.
26 novembre 2013 – “Una sorta di settimana monastica a Capo Spartivento, dormendo al faro: è lì, in quello spettacolare e deserto angolo di Sardegna, che ho gettato i semi di questo nuovo disco. Il mondo accartocciato che ho messo in copertina, dentro la grafica del caro vecchio Carosello, non è una critica al nostro pianeta, che nonostante tutto custodisce meraviglie indescrivibili, ma solo una singolare visione del mondo”: così Ligabue presenta il suo nuovo album di inediti intitolato per l’appunto “Mondovisione” (Zoo Aperto/Warner Music), da oggi in tutti i negozi tradizionali e in digital download, anche accompagnato in libreria da “La vita non è in rima (per quello che ne so)” (Laterza ed.), a cura di Giuseppe Antonelli che lo intervista sul suo linguaggio, le sue parole, i suoi testi.
“Mi esprimo con quelli e con il rock, di cui sono appassionato, ma l’Italia non è un Paese rock come possono esserlo, per lunga tradizione, l’America e l’Inghilterra. Però sono molto colpito da come oggi tanti rapper di casa nostra la stanno raccontando e illustrando. Tolta la melodia, la parola acquista maggior risalto, quindi deve per forza avere un senso. Credo che i rapper di oggi siano un po’ gli eredi dei cantautori di ieri.” Quella parola così importante da arrivare spesso a preoccuparlo: “Molte volte ho avuto la sensazione che alle mie canzoni venissero attribuite responsabilità eccessive, e questo è un segnale del vuoto che abbiamo intorno. Stiamo seppellendo la vita vera sotto quintali di chiacchiericcio e di pensieri inutili, vivendo cambiamenti a una velocità che sono certo non sia quella giusta, perché non segue più i tempi regolari di metabolizzazione umana”.
Ed è forse per non perdere il contatto con la concretezza della terra che non ha abbandonato la tradizione iniziata dal nonno Giovanni di produrre un vino speciale della sua Correggio, anche se solo a beneficio degli amici: un “lambro” deciso, di un vivo colore rosso rubino, basato prevalentemente sull’uva salamino coltivata in una rara terra argillosa di gran qualità. Naturalmente quando è libero dagli impegni del tour, che tra qualche mese lo porterà per tutta l’estate nei principali stadi italiani, a partire dall’Olimpico di Roma il 30 maggio 2014.