Rilanciare l’eccellente produzione vinicola dell’Oltrepò Pavese, creando un polo vinicolo industriale integrato e sostenibile. Capace di catalizzare le risorse inespresse del territorio, valorizzandolo anche a livello enoturistico come il mercato dei viaggi richiede sempre più insistentemente. E incrementando la capacità produttiva con un occhio fisso alla trasparenza e alla certificazione dell’intero processo lavorativo. Perché il mondo del vino è sempre più influenzato da fattori climatici, economici, geopolitici, regolamentazioni e sviluppi generazionali. E dunque occorre affrontare le sfide per mantenere e migliorare lavoro e competitività.
Il Piano Strategico di rilancio di Terre D’Oltrepò
C’è questo alla base del rilancio del Gruppo Terre D’Oltrepò e di tutto il suo territorio. Vale a dire quell’infinita distesa collinare nella provincia di Pavia, nel sud della Lombardia, dove la regione incontra Piemonte, Liguria e Emilia Romagna. Pervasa fin dall’antichità da una forte vocazione vinicola come forse era scritto nel suo Dna, considerata la sua curiosa forma a grappolo d’uva e i suoi 13.500 ettari vitati, inframmezzati da castelli, rocche e torri. Qui la vite, insomma, è da sempre parte integrante del paesaggio e della tradizione territoriale. A cominciare dall’eccellente produzione di Pinot Nero a livello italiano, costituendone il 75%, e internazionale.
Proprio qui, infatti, nell’Ottocento sono stati impiantati diversi ettari di questo vitigno da cloni francesi. Che avrebbero dato origine, con la stessa tecnica dello Champagne, al Metodo Classico Oltrepò Pavese, riconosciuto nel 2007 con la D.O.C.G. Portando in scena i primi spumanti con la presa di spuma in bottiglia.
Il nuovo approccio di Terre D’Oltrepò, maggiore cooperativa vinicola di Lombardia, punta su investimenti mirati in operatività, tecnologia e cultura, prendendo a riferimento, ancora una volta, quelli dello Champagne. Puntando però anche il focus sull’importanza di fare sistema nell’intero contesto italiano del mondo del vino, oltre che sulla necessità di un approccio congiunto tra aziende, sindacati, associazioni e politica.